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    PROVA: Ducati Diavel, 162 Cv di adrenalina…

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    Ducati Diavel Carbon, 162 Cv ed una coppia da far venire la pelle d’oca… Il motore Evoluzione II, DTC e Riding Mode a 3 livelli, sono le basi più intriganti…

    Non esiste sempre una definizione per tutto, specie se, quello che abbiamo davanti, non assomiglia a nulla di “familiarmente amico”… Quindi si riparte da zero ogni volta che si tenta di fare un paragone, un’assonanza, un’idea di vaga somiglianza con ciò che conosciamo. In questo caso però, è meglio lasciar perdere, visto che la Ducati Diavel certo è un oggetto prima che una moto; una grande fisicità espressa attraverso l’attento studio delle sue forme muscolari, piene, invadenti, prepotentemente e sempre al centro dell’attenzione.

    Muscle-bike che affonda le proprie radici, almeno come idea di base, nelle drag-street, ovvero moto concepite per le gare di accelerazione, moto estreme, senza fronzoli, solo potenza allo stato puro, solo l’imbarazzo di ruotare il gas, minacciosa e “diabolica presenza” sulle strade oltre che bruttissimo cliente alle spalle…

    Un nome che nasce in Casa Ducati perché certo, guardandola da dietro, non si può rimanere indifferenti davanti al mostruoso pneumatico posteriore Pirelli da 240 m oltre che dalle sue forme massicce, che sembrano solo aspettare il dito sul pulsante start per scatenare l’inferno della sua voce cupa, profonda e che scende giù, in qualche girone dantesco, in piega bestiale, oltre ogni conoscenze di limite, come un viaggio infinito verso un’innovativa “conoscenza motociclistica”. Stanze inesplorate che con Diavel prendono una forma concreta…

    Una moto unica, un progetto estremo ed accattivante

    Certamente gli ingegneri Ducati avevano molto chiaro l’obiettivo: e se da un lato sono riusciti nel loro intento, dall’altro hanno trovato un consenso totale da parte del pubblico che ha compreso l’essenza istintiva di Diavel. La linea è quindi “apocalittica”, nel senso che stravolge ogni canone dominante distaccandosi da quel “conosciuto”, regalandole così un aspetto rude e crudele, forte ma armonioso al tempo stesso. Diavel Carbon poi (oggetto del nostro test) punta sulla tecnologia raffinata del suo propulsore ma, soprattutto, sulla dominante carbonio di alcuni elementi…

    La zona alta della moto è quindi dominata dal grande serbatoio da 17 litri – parte integrante della Diavel – su cui sono “poggiate” le due prese d’aria (realizzate in alluminio), la cui forma si protende dal proiettore anteriore fino al tratto iniziale della sella, quest’ultima a due piani, di cui, quello per il passeggero, celato da palpebra asportabile, semplicemente svitando le due brucole sottostanti la sella.

    Della strumentazione parlerò più avanti invece, perché merita uno spazio a parte… Scendendo verso il basso piace l’accostamento di design creato tra i grandi collettori di scarico a vista (dall’andamento rettile e sinuoso) e la zona inferiore del traliccio telaio Ducati che, in coppia con il doppio scarico sovrapposto e la coda “tronca”, lasciano “libera di esprimersi” l’intera zona dove la vera protagonista è “lei”, la gigantesca copertura posteriore da 240 mm! Altro record nel record della Diavel…

    Tante altre piccole idee per la Diavel…

    E non è da meno l’idea delle pedane passeggero retrattili, della sella bassa posizionata a soli 770 mm da terra (quindi piedi saldi a terra e massimo controllo), dell’abbondanza di led sparsi qua e la nelle zone chiave di Diavel o come nel caso del portatarga, brevettato con supporti che, dal mozzo posteriore del forcellone monobraccio, avanzano verso la struttura tubolare che stringe il pneumatico posteriore, in modo da ottenere l’elemento porta targa al centro.

    Senza dimenticare infine, il gruppo maniglia a T che si estrae dalla parte posteriore della sella, che offre saldo appiglio e sicurezza al passeggero oltre che ne guadagna lo stile globale del design Diavel. Sia questo elemento che le pedane richiudibili sono realizzate in alluminio forgiato, poi sottoposto a trattamento di pallinatura con finitura nera, colore che li rende “mimmetizzati” e “discreti”.

    Altri punti di forza sono il manubrio largo per maggior comfort e controllo della moto, le pompe radiali – con serbatoi intergrati in alluminio – Brembo per freno e frizione, i due specchietti con supporti di stessa fattura, oltre ai particolari blocchetti elettrici dotati di sicura che protegge l’interruttore off-run quando si preme il pulsante start, che funziona anche da comando di selezione del Riding Mode, così come gli interruttori superiori servono ad addentrarci all’interno del quadro comandi HD.

    …e grande tecnologia, non solo elettronica by Ducati

    Si Diavel è anche e soprattutto questo: tecnologia applicata ma elettronica soprattutto. Ad esempio, al fine di mantenere armonioso e pulito l’aspetto frontale della moto, i due radiatori liquido sono stati posizionati lateralmente, a fianco del serbatoio carburante, soluzione che, sfruttando al massimo l’aerodinamica, aumenta la portata d’aria per il raffreddamento motore, a cui fanno fronte anche due ventole a controllo elettronico.

    La strumentazione, come dicevo prima, merita uno spazio a parte: vive grazie ai due livelli con display superiore  e inferiore. Quest’ultimo a colori denominato TFT (Thin Film Transistor), fornisce informazioni per la selezione del Riding Mode, dei rapporti, delle impostazioni DTC (il controllo di trazione)  e dei parziali, il tutto con doppia retroilluminazione a secondo della luce, diurna o notturna con passaggio quasi immediato nel momento in cui magari si entra il galleria. E quando Diavel è ferma sul cavalletto, il display inferiore funziona anche da quadro comandi dove visualizzare e personalizzare le impostazioni DTC e RbW (Ride by Wire) all’interno di ogni singolo Riding Mode.

    Chiave Hands Free…ovvero chiave sempre in tasca…

    Finalmente basta chiave sempre in giro: adesso, grazie alla chiave elettronica, la si può tenere sempre in tasca o nella giacca, visto che “comunica” con la moto fino ad una distanza di due metri attivando, una volta riconosciuta, tutti i comandi della Diavel. A questo punto, basta premere key-on per accendere il quadro strumenti per poi quindi avviare il propulsore Ducati. Non manca un attuatore elettronico anche per il bloccasterzo. La chiave a flip apre inoltre il tappo del serbatoio carburante e rende possibile il sollevamento della sella.

    Ride-by-Wire: sistema elettronico di controllo potenza ed i Riding Mode

    Molto semplicemente, si tratta di una centralina che elabora il segnale trasmettendolo poi alle “zone” interessate in base ai Riding Mode (Sport, Touring e Urban) selezionati; tutto questo cambia carattere alla Diavel in modo istantaneo, oltretutto affiancandosi alle tecnolgie del RbW e DTC.

    Il Ride by Wire quindi, porta nella mani del pilota vari livelli di potenza in base al controllo del gas, mentre il DTC si avvale di ben otto livello di “lavoro” al fine di evitare lo slittamento del posteriore, gestendo così la derapata, magari in uscita curva o accelerazione piena, il tutto poi personalizzabile  e salvabile come “mappa personale”. Quindi, grazie al RbW la potenza non è più regolata per mezzo del cavo acceleratore, ma transita attraverso la centralina che, in base al segnale in ingresso, gestisce l’apertura dei corpi farfallati con potenze pari a 162 Cv con erogazione sport, 162 Cv ma fruibili in modo più progressivo per l’uso turistico e 100 Cv per l’uso prettamente cittadino.

    Il Riding Mode in sintesi

    Sport: 162 Cv, pieno controllo delle valvole gas da parte del pilota ed intervento ridotto (livello 1) del DTC

    Touring: 162 Cv, livello 3 per DTC, erogazione più fluida anche per presenza passeggero, guida rilassata anche per lunghe percorrenze

    Urban: 100 Cv, livello 5 DTC, attento controllo accelerazione, potenza ridotta di 62 Cv per guida cittadina al 100%

    DTC, il “filtro magico” tra pilota e copertura posteriore…

    Nasce per le corse ma per la potenza estrema della Diavel si rivela praticamente indispensabile per il rider urbano… DTC opera in spazi “ristretti”, ovvero pochi millesimi di secondo in cui compie la sua magia, ovvero controllare la perdita di aderenza e lo slittamento della copertura posteriore. Otto i profili di controllo, tutti salvabili dall’utente, proprio per consentire di adattare a ciascun pilota il proprio stile di guida ma soprattutto il massimo controllo della moto.

    Motore: il Testastretta 11°, 1198 cc per 127,5 Nm di coppia!

    Diavel ed il suo cuore tutta potenza: si tratta del bicilindrico a “elle” della 1198 profondamente modificato nel diagramma di distribuzione e non solo. Il tutto per il massimo della coppia, della “schiena”, della potenza assoluta. Punti di lavoro sono stati i condotti di aspirazione e scarico e l’intera zona alta del propulsore Ducati. Variato quindi l’angolo di incrocio delle valvole, in questo caso molto spinto proprio per sfruttare le onde di pressione in ingresso ed uscita aumentando nel contempo il rendimento volumetrico.

    Portata aumentata per la pompa acqua

    Su questo motore (compresso 11,5:1 con quote vitali pari a 106×67,9 mm)) l’angolo è quindi stato ridotto, rispetto al bicilindrico Evoluzione montato sulla 1198 SBK, da 41 a 11°, mentre i condotti di scarico sono da ben 58 mm con corpi farfallati elettici per ciò che riguarda l’aspirazione, la cui induzione è possibile grazie al grande air-box. Di grandi dimensioni anche la girante della pompa acqua da 64 mm, numero che si somma all’incremento del 35% della portata liquido agli alti regimi. C’è poi la frizione in bagno d’olio con antisaltellamento, cambio a sei rapporti mentre gli intervalli di manutenzione sono ogni 24.000 km. Infine il motore della Diavel eroga 162 Cv a 9500 giri con stupefacente coppia di 13 kgm a 8.000 giri.

    Ciclistica: traliccio style, leggerezza e compattezza          

    Il telaio a traliccio della Diavel vanta due grandi tubolari dallo spessore ridotto con piastre fuse in alluminio che si incastrano nel telaietto portante posteriore; le due zone poi si “incontrano” ai lati di un componente in tecnopolimero caricato con fibra di vetro, dando così vita alla struttura posteriore. C’è poi il forcellone monobraccio in fusione di alluminio che ben si “accoppia” con l’interasse di 1590 mm per un angolo di piega di circa 41°!

    Davanti c’è una granitica forcella Marzocchi da 50 mm regolabile incastonata in particolari piastre di sterzo tagliate trasversalmente, di cui la superiore in alluminio (materiale utilizzato anche per i risers manubrio) mentre l’inferiore in forgiato di alluminio; altri dati salienti dell’avantreno di Diavel sono i 28° d’inclinazione sterzo, l’offeset di 24° e l’avancorsa di 130 mm, quote che garantiscono a questa super Ducati un fantastico controllo dinamico. Il mono posteriore è Sachs full regolation e lavora sul forcellone per mezzo di cinematismi progressivi.

    La nostra Diavel Carbon poi, sfoggia cerchi Marchesini in lega leggera, lavorati a suon di tornio e fresa, lavorazioni che abbassano il peso generale dei cerchi di 2,5 kg; ma spicca la copertura posteriore Pirelli Diablo Rosso II doppia mescola, realizzata appositamente per la Diavel nella misura estrema di 240/45×17”, misura vicina alle coperture montate sulla GP12 MotoGP. L’impianto frenante infine, si avvale di una coppia di micidiali dischi flottanti  anteriori da 320 mm, abbinati a pinze radiali a quattro pistoncini, e di disco singolo da 265 mm con pinza a due pistoncini. La versione Carbon utilizza della speciali flange portadischi in alluminio lavorate a fresa. Non manca l’ABS Boch-Brembo-Ducati con centralina 9M.

    Come va: tra mistero e scoperta…

    Diavel è una moto unica: te ne rendi conto da come la guardano al semaforo, da come la gente si avvicina curiosa quando la parcheggi, oppure quando qualcuno ti chiede informazioni e rimane esterefatto dai Cv che ha nella sua anima ribelle…

    Ma chi rimane più impressionato dalla sua “essenza diabolica” è di fatto chi la guida, chi la vive, non tanto in città quanto sulle strade extraurbane e, davvero, non ce n’è per nessuno…sul misto veloce.

    La posizione di guida è comoda con le braccia larghissime ed il pilota che vede davanti a se la strada si, ma in un modo del tutto nuovo. Quindi la seduta è dentro la moto con le pedane molto in basso ma centrali alla moto (solo il piede destro è infastidito dalla presenza del doppio terminale di scarico per cui non è possibile tenere questo piede nella posizione voluta), con il busto leggermente proteso verso un anteriore granitico e inchiodato a terra, saldato nell’asfalto.

    Tutto è a portata di mano e di occhi: i comandi sui praticissimi blocchetti elettrici, tutta l’area dei display mentre è immediata ed intuitivo variare le Riding Mode e ogni altro parametro motore. La chiave elettronica funziona perfettamente anche se tenuta nei jeans o nello zainetto messo sulle spalle. Non ha mai fatto “cilecca” nel corso di tutto il test e questo va in “aiuto” a quel pubblico magari scettico sulla validità di tale soluzione “a distanza”…

    Pronti via, lo show ha inizio!

    Già al minimo il sound di Diavel ti entra nel sangue, nel cervello, nel corpo: Riding Mode su Sport e si parte scoprendo fin dai primissimi km la grande agilità della muscle-bike Ducati. E se ero salito in sella con una briciola di scetticismo sulla sua guidabilità, a fine giornata è stato difficile abbandonare quella statale “tutta piega” dove ho provato questa funambolica Ducati d’assalto…

    L’erogazione è totale, piena, corposa con una spinta eccellente già dai 2500 giri, che poi diventa più significativi – per valore di schiena e coppia – oltre i 3000 giri indicati. Leggermente “sporca” sotto i 2000 giri o nel passaggio tra i 2500 ed i 3000, Diavel piace perché ti stupisce intricandoti nell’anima, perché ha tanta potenza da offrire e valori di coppia da far venire la pelle d’oca.  Dai 4000 giri si viaggia forte verso i 5000 giri, zona in cui arriva un’altra porzione di coppia e cavalli purosangue fino a spingersi oltre, quando il contagiri sale rapido verso i 6500 giri, quota che avvicina al tetto degli 8000 giri, momento in cui la spinta è massima e senza sosta si arriva al limitatore.

    E’ impressionante come la spinta esagerata del propulsore non entri in “competizione” con la ciclistica, almeno fino a quando si smanetta con i livelli del DTC, che, settato al minimo, apre le danze al retrotreno che, ad ogni manciata di gas, si direziona prepotente verso… il lato opposto della moto…

    Ottimo il funzionamento del cambio, abbastanza preciso anche se un po’ rumoroso; da notare solo qualche leggero gioco di trasmissione nell’apri chiudi delicato, magari tra prima e seconda in rilascio. Qualche vibrazione arriva secca sulle pedane tra 5500 e 6000 giri per poi farsi più aggressiva attorno agli 8000 giri, poi stemperata se si sale di giri.

    Guidare Diavel è comunque un’esperienza unica: leggera e maneggevole tra le mani in modo quasi inaspettato con i suoi 239 kg in ordine di marcia, peso molto ben bilanciato, ed è questo il vero segreto della Diavel, il bilanciamento globale. Puoi buttarla giù senza timore e quasi subito arrivi a grattare le pedane ed il grip posteriore è “furibondo”, con il pneumatico posteriore incollato all’asfalto… Diavel ama la guida forte, quella dove il tuo corpo diventa lo strumento del divertimento assoluto…

    Si, va guidata di forza Diavel: sulle strade di montagna arrivi da brevi rettilinei dove puoi sfruttare a pieno tutta l’accelerazione della moto; poi pinzi davanti con un dito, imposti e giù dentro al tunnel dell’ingresso curva, sempre deciso, come un gesto atletico e con la Diavel che segue rigorosa la traiettoria impostata, senza ne se ne ma, senza sbavature e rimanendo perfettamente dove la la vuoi… Avantreno preciso, sospensioni che lavora in perfetta simbiosi armonica ed è da questo che nasce quel magico feeling con la Diavel.

    Stabilissima a centro curva, è solo un po’ meno veloce negli scambi rapidi ma sa entusiasmare davvero. La forcella è rigida nel primo tratto, poi più morbida nella zona centrale di lavoro per poi stabilizzarsi senza accusare reazioni che possono cambiare assetto o guidabilità; anche in città non è secca nella risposta ma, in questo caso, conviene lo stesso togliere compressione e freno idraulico a vantaggio del confort.

    Il mono posteriore invece è un po’ secco nella risposta, fattore che si accentua con il passeggero. La frenata è letteralmente esagerata: la coppia di dischi è potentissima sempre a basta un dito che sfiora la leva per avvertire una forza frenante da scattata SBK…Anche il posteriore funziona bene, anche e soprattutto come “stabilizzatore” del posteriore, anche se la moto mantiene sempre la corda a patto di entrare forte ma, soprattutto decisi…

    Foto Diana D’Angelo

    Andrea Di Marcantonio
    Andrea Di Marcantoniohttps://www.performancemag.it
    “Non è facile racchiudere quasi trent’anni di passione in poche righe. Lo è invece quello stimolo quotidiano e continuo che mi porta in sella alle moto ed a bordo delle quattro ruote, su strada quanto in pista. Senza dimenticare tutto ciò che compone il mondo dei motori, mondo dalle mille sfaccettature… Ed è proprio questa passione che alimenta e mi fa “capire” ed “interpretare” i veicoli che provo in una chiave di lettura tecnica e completa oltre che diversa. Punto sulla qualità e l’approfondimento testuale oltre che sull’impatto fotografico delle prove. Al mio fianco Giuseppe Cardillo e Lorenzo Palloni, fotografi ma, soprattutto, “compagni di viaggio” in questa avventura che parla di performance. Con loro, il videomaker Andrea Rivabene. Importante è il modo diverso di raccontare le prove, abbinata alla ricerca delle migliori location. E poi i progetti legati ai giovanissimi talenti con PROGETTO MX dedicato al motocross e SPEED PROJECT, dedicato al mondo della Velocità. Siamo l'unica testata italiana a costruire progetti per i giovani a cui offriamo un team collaudato e tutta la mia esperienza sul campo. Insomma un impegno a 360°, perchè PERFORMANCEMAG.IT è tutto questo!”

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