Oggi parliamo di una categoria moto decisamente controversa ma affascinante: le originalissime Scrambler. Il segmento ha visto un pesante (e diremmo pure fortunato) ritorno al passato negli ultimi anni a livello sia di canoni estetici che modaioli
Il mercato delle due ruote non è rimasto a guardare, visto che svariati marchi hanno investito risorse per creare moto che rievocassero i “tempi d’oro” ma al tempo stesso fossero dotate di tecnologie e design che strizzano un occhio al presente. E poi, diciamocelo, le Scrambler sono decisamente intriganti e “persuasive” se parliamo di guidare un oggetto unico.
Scrambler, un mix audace tra casto ed irriverente
Il risultato si traduce in moto polivalenti ed accattivanti nell’estetica: proprio da questo concetto, nasce il controverso dato che “essere di tendenza”, allarga la platea di potenziali utenti, introducendo nell’ambiente motociclistico chi ha voglia di tornare in modo – definiti pure restart bikers – ma pure chi non ne ha mai stato in questo mondo ma magari ne è curiosamente interessato.
Le Scrambler quale concetto base, sono moto molto “semplici” nelle fattezze e nella tecnica, ma sono pure una tipologia di moto che hanno rappresentato e rappresenteranno un periodo di rinascita e libertà dopo periodi difficili come quello che stiamo vivendo in questi drammatici giorni. Ed in tal senso, la tecnologia e l’elettronica ci vengono in aiuto.
Non solo ruote tassellate ma “oggetti” di culto delle due ruote
Sin dal principio le Scrambler erano delle stradali sulle quali venivano montate coperture tassellate, che consentivano ai piloti di guidarle facilmente anche in off-road, ed erano caratterizzate soprattutto da un manubrio alto e ampio per guidare la moto agevolmente in ogni condizione di aderenza. Ovviamente non erano mezzi specialistici ma in grado di fare tutto e divertire il guidatore, forti di motori brillanti e ciclistiche light e semplici, complice anche un’azzeccata posizione di guida ed una corretta geometria delle quote busto/pedane/manubrio.
FLAT TRACK USA, IL VIDEO
Prima gli USA poi il vecchio continente ma stessa sostanza
Tra gli anni ‘50 e gli anni ‘60 ci fu un vero e proprio boom oltreoceano legato alle Scrambler, utilizzate dagli americani per spostarsi dalle strade pubbliche asfaltate a quelle sterrate e polverose per raggiungere i propri ranch.
Logicamente sull’onda di questo successo le case europee e soprattutto Italiane non rimasero a guardare. Ad esempio, tra il 1968 ed il 1974 Ducati vendette circa 50.000 esemplari, per poi sparire dalla produzione con il progressivo scemare dell’interesse per le Scrambler. Senza dimenticare la “desinenza” racing delle Flat Track, origine dell’anima Scrambler…
Ma le Scrambler sono tornate!
Ducati, manco a dirlo, ha rispolverato il libro dei ricordi, diventando la prima casa italiana a riprendere la produzione delle Scrambler, riscuotendo come prevedibile un enorme successo, coniando così una vera e propria famiglia all’interno dello stesso marchio.
Ho avuto il piacere di provare la versione Desert Sled della Ducati Scrambler in un brevissimo test ride all’interno di una piccola sezione sterrata accompagnato poi da qualche curva su asfalto. Il motore brillante e la ciclistica divertente mi hanno fatto soprassedere sulla strumentazione poco leggibile ed in parte sul prezzo salato al quale viene offerta (ma devo ammettere che si tratta comunque di un marchio premium).
Di fatto il divertimento che questa moto mi ha regalato, testimonia che l’anima è rimasta intatta al progetto iniziale, ovvero divertente da guidare e polivalente, per gli amanti delle Scrambler con patente A3 non posso che consigliarla!
Benelli sempre più protagonista con Leoncino
Sulla scia Ducati, si insedia un altro marchio italiano, riesumato grazie ai capitali cinesi ma con un’anima ancora Italiana che si percepisce dal design dei suoi modelli e dal prestigio del nome del marchio: sto parlando di Casa Benelli QJ.
L’Azienda di Pesaro ha deciso di abbandonare gli splendidi tre cilindri di cubatura e prestazioni elevate dell’ultima gestione per seguire un percorso più in linea con i mercati asiatici, sposando cilindrate più contenute e motori bicilindrici e monocilindrici.
Da questa filosofia rinasce il leggendario Leoncino che, nella sua versione Trail, si “scramblerizza” con coperture artigliate, mantenendo la linea ed il motore bicilindrico da 500 cc della prima versione stradale, correggendo poi anche alcuni difetti di gioventù di quest’ultima.
La consiglio vivamente agli amanti del genere Scrambler ad indirizzo stradale: la ciclistica su asfalto risponde molto bene ed il peso relativamente elevato migliora la stabilità sui tratti rettilinei, per il resto anche su sterrato leggero si comporta bene e la cavalleria contenuta dei suoi 48 CV, abbinata al motore bicilindrico, la rendono adatta a vari tipi di motociclisti, compresi i neopatentati con patente A2.
La rinascita di Caballero by Fantic Motor
A chiudere il cerchio troviamo Fantic Motor: la Casa veneta punta in alto e decide di allargare la propria offerta, non limitandosi più solo a mezzi specialistici 50,125 e 250 cc Motard ed Enduro. Sfrutta la tendenza del momento, cogliendo l’occasione per rispolverare un nome scolpito nella propria storia e che, ancora oggi, è in grado di far brillare gli occhi generazioni di motociclisti che hanno avuto il privilegio di osservare in azione i piccoli 2T che hanno reso il modello così celebre.
Con questa nuova versione Fantic Motor ha deciso di non tradire le proprie radici fuoristradistiche, creando una Scrambler decisa e più orientata all’offroad rispetto alla concorrenza, forte di un peso contenuto in tutte e tre le versioni proposte e motori monocilindrici particolarmente brillanti.
Bellissima la colorazione che rievoca il passato con un bel rosso fiammante e le tabelle gialle, esattamente come i Caballero MIK26 del passato ai quali però si aggiungono componenti moderne, come fari LED ed ABS elettronicamente disinseribile (ovviamente).
Il 125 cc sfrutta tutti e 15 i CV previsti come limite di legge e con un peso piuma perfino la versione Flat Track con le ruote più massicce è in grado di emozionare. La 250 cc grazie ai suoi 25 CV che, rispetto al 500 da 40 CV ha un’erogazione più dolce, la rende adatta ai meno esperti soprattutto in fuoristrada ma che su strada lascia un po’ di amaro in bocca ai motociclisti più smaliziati.
Fantic Caballero 500 cc è quella che mi ha emozionato di più, motore brillante che con l’erogazione legata al “mono” incita il rider al massimo in ogni situazione che sia nel tragitto casa lavoro o sul passo di montagna. Nonostante la cilindrata raddoppiata rispetto al 250, il peso aumenta di soli 10 Kg cosa che la rende ottima per il fuoristrada facendole compiere decisamente un passo avanti rispetto alle altre moto precedentemente citate. Anche in questo caso parliamo di fuoristrada leggero ovviamente…
#forzascrambler!
Per concludere, avrete notato che ho deciso di concentrarmi sui marchi italiani non solo perché hanno rappresentato da sempre un’eccellenza nel campo dei motori ma anche e soprattutto per ricordare che nei momenti difficili si può sempre ripartire e tutte queste case menzionate hanno vissuto momenti commercialmente duri, riuscendo però sempre a mantenere il proprio nome vivo ma soprattutto la propria identità storica nel cuore degli appassionati.