Marco aveva un sogno dormiente da anni, risalire in sella ad una moto offroad. Era consapevole della sua disabilità e dopo 25 anni il sogno si realizza
Marco Paganelli aveva un sogno. Un sogno dormiente da anni, che si riaffacciava ogni volta che sentiva passare una moto da enduro. Marco era consapevole della sua disabilità ma non si è mia arreso, dimostrando tenacia ed una smisurata passione. Probabilmente la miglior cura per le paure di cimentarsi in qualcosa di apparentemente complesso.
Mai darsi per vinti, anche davanti a sfide quasi impossibili
Nella vita non si è mai dato per vinto: con una mano Marco suona la chitarra, la tromba, la batteria, è un piccolo genio dell’elettronica. La sua vita è con due mani e non con una e lui sa che può fare tutto quello che vuole, accettando anche le sfide più impossibili.
Questo articolo non è certamente “autocelebrativo” ma è un messaggio forte e chiaro a quanti rinunciano alla propria passione per una disabilità. La spinta emotiva di Marco Paganelli deve scuotere quelle persone che hanno paura di vivere un’esistenza piena e ricca di fantasia. Le sue parole, il suo approccio, la sua determinazione, sono carburante prezioso per chi “sta nell’angolo” della solitudine.
L’entusiasmo alimenta e può sorprendere
Conosco Marco da una vita e mezza e certamente l’ho spinto a guidare una moto negli anni ’80. Tu sei folle direte, forse lo sono, lo siamo, ma ritengo che soffocare una passione sia rinunciare a vivere. L’entusiasmo di provarci aiuta, alimenta e sorprende credetemi sulla parola.
Così, anche grazie a Kayo Moto Italia, abbiamo organizzato una “rimpatriata” offroad con Marco che è risalito in sella dopo quasi 25 anni e più.
Vince la gioia di provare ancora, di risentire quelle emozioni forti che solo una moto può regalarti. Certo, la realizzazione dell’idea dipende anche dal grado di disabilità ma, in questo caso, abbiamo voluto provarci ancora.
Nulla ferma la passione, mai lasciarsi andare allo sconforto
Ed attenzione, non è certo un atto di incoscienza o irresponsabilità. Conosco enduristi fortissimi che guidano con una mano e senza problemi. Quindi, alla fine, l’importante è provarci con tutto quello che hai dentro, come spiega bene Marco in questa intervista. Nulla ferma la passione vera e nulla può far pensare di “lasciar perdere” solo perché qualcuno te lo ha detto.
Questo articolo, quindi, è solo una piccola voce per dire “provaci!” a quanti stanno fermi, a quanti hanno paure che sono più immaginate che reali. Marco è l’esempio del carattere e della determinazione con quel pizzico di sana incoscienza che aiuta nel “buttarsi” dentro le cose. Anche quelle che sembrano troppo grandi.
Marco, dopo venti anni un sogno che si avvera…
A dirla tutta il fondoschiena sulla sella io lo avevo già messo negli anni ’80, in sella ad una Honda XL600 Paris-Dakar, subito dopo il mio incidente in cui ho perso la mano e parte dell’avambraccio.
Dopo tutti questi anni ritrovo emozioni forti, energie e collegamenti con quelle provate in sella alla Honda. Questa pitbike Kayo TT160 poi, ha parecchia potenza sulla ruota per via della rapportatura corta, che quindi consente una guida molto dinamica. È stata un’emozione ritrovata, riscoperta, qualcosa di incredibile.
Come mai sono trascorsi così tanti anni per decidere di risalire in moto?
Hai ragione su questo. Dietro tua insistenza, come hai fatto tanti anni fa, ho deciso di riprovarci. Dopo l’incidente mi sono isolato molto e questo a causa di molteplici situazioni personali come ben sai…
Mi sono dedicato più alle quattro ruote dimenticando ma non scordando le due ruote, che sono rimaste congelate nel cuore. Quando tu mi ha proposto questo test poi, non ho saputo resistere alla provocazione ed è venuta fuori l’idea di provare questa pitbike, qualcosa di nuovo per me. Dopotutto, nel mio piccolo paese in Friuli, tutti hanno la moto da fuoristrada, moto che emettono quel sound inconfondibile che mi ricordava e riaccendeva sempre quel desiderio di riprovare.
Diciamolo, guidare una moto senza una mano, non è cosa proprio semplice
La maggiore difficoltà per me non esiste! Esiste un modo per adattarsi a guidare senza una mano. Ho avuto l’idea di incastrare il braccio tra leva della frizione e manopola sul manubrio, spostando in alto proprio la leva.
Quindi, più incastri il braccio tra i due elementi – proteggendolo con del neoprene ad esempio – più puoi guidare in scioltezza, senza preoccuparti troppo delle buche. Il braccio lo uso come se fosse la mano che ho perso e lo utilizzo anche per spingere la frizione quando devo cambiare marcia ma, soprattutto, per partire da fermo.
Abbiamo fatto con te tante prove ed ho capito che, essere aggressivi e convinti, aiuta per superare questo scoglio dello start da fermo. Questa tecnica l’avevo imparata già ai tempi quando guidavo la mia Honda XL600 Paris-Dakar, ho dunque solo rimesso mano alle idee del passato e con il tuo aiuto oggi siamo qui a provare.
Adesso che hai riscoperto l’offroad, pensi che lo praticherai?
Certamente praticherò enduro dalle mie parti dove sarà possibile nel rispetto della natura e delle persone che fanno trekking. Credo che acquisterò una pitbike come questa, moto che ho trovato ideale per quello che devo fare.
È aggressiva il giusto, colorata, ha un bel motore 4T e parte facilmente ma, soprattutto, ha un costo molto contenuto. Insomma, mi piace molto ed è giusta per me. Devo solo fare molta pratica, specie in curva quando devo poggiare il piede interno a terra oppure quando devi modulare la frenata insieme al freno motore.
Quali consigli ti senti di dare a chi, come te, ha questo tipo di disabilità?
A Roma, moltissimi anni fa, la gente mi chiedeva come facessi a portare la moto con una sola mano. Spiegavo che per me era ormai una cosa semplice ma devo dire che non ho visto molti ragazzi amputati portare una moto, forse anche per le leggi vigenti non molto chiare in tal senso, anche se va visto caso per caso. Io dico a tutti una regola base, ovvero guida se hai una vera passione e cerca di essere aggressivo nell’approccio, altrimenti lascia stare.
Il fatto è che quando dai gas, tante emozioni ti entrano dentro ed hai voglia di fare, fare e fare ancora. Ma devi sempre essere consapevole che puoi cadere e puoi farti male. Quindi massima concentrazione, non esagerare, ma, soprattutto passione totale. La migliore medicina alle paure!
E, alla fine, devi avere un buon istruttore accanto che sappia guidarti dentro questo mondo, esattamente come hai fatto tu con me anni fa. Devo dirlo, ma tu mi hai insegnato tante cose, mi hai fatto fare tante prove in ogni situazione, come quando mi facevi partire ed arrampicare sulle salite offroad per poi girare la moto per tornare indietro. Oggi è una giornata speciale per me, un modo chiaro per dire a chi ha una disabilità come me di non arrendersi. Mai!
(Si ringrazia Kayo Moto Italia e Andrea Cecchin)